Le fave, tra i legumi, è sicuramente il più utilizzato nella cucina popolare. Frutto del duro lavoro dei contadini che ne seminavano interi ettari in pianura, piccoli appezzamenti di terreno in montagna o strette strisce di terrazzamenti. Con i fagioli, i ceci, i piselli, le lenticchie e l’ormai dimenticata cicerchia formavano le preziose provviste di proteine vegetali per l’inverno.
Ingredienti per 4 persone
300 g di fave dure con il guscio, uno spicchio di aglio, due pizzichi di semi di finocchio selvatico, olio di oliva, sale q.b.
Preparazione
- Mettete in ammollo le fave in acqua tiepida la sera prima di cucinarle;
- Al mattino, sciacquatele e mettetele a cuocere in abbondante acqua;
- Portatele a bollore ed abbassate la fiamma a fuoco medio;
- Cuocetele per un’ora e mezza o due e comunque fino a cottura secondo il vostro gusto;
- Aggiungete il sale alla fine per non comprometterne la cottura;
- Servite in un piatto con un po' di brodo di cottura e conditele con l’aglio a pezzetti, l’olio di oliva ed i semi di finocchio secondo il gusto;
- E’ un piatto che si può gustare sia caldo che freddo;
- Si possono cucinare anche le fave tenere e condirle alla stessa maniera.
Note
Le fave si prestano a molte ricette della cucina povera e popolare: già tenere nel loro baccello sono consumate con un po' di sale ed accompagnate con pane e formaggio. Ancora tenere, ottime con la pasta oppure con il pancotto primaverile con i germogli di cicorie, scarole e finocchietto selvatico.
Le fave dure sgusciate (li fafe munnate) cotte con la pasta sono un’altra prelibatezza, per non parlare delle fave e cicorie che a Rignano cuciniamo indifferentemente con “li spaccaciunelle”, “li gnagnapurcidde”, con “li cecuriune paparine” o con le erbe miste rigorosamente selvatiche ("li fogghia’mmische”).
Mio padre mi raccontava che durante il periodo della raccolta delle olive, nel trappeto, il vecchio frantoio, tutti gli operai mangiavano quotidianamente, e per circa tre mesi consecutivi, “fafe arrecciate” a colazione, a pranzo ed a cena.
Nella tradizione popolare le fave arricciate si mangiano il 13 dicembre, subito dopo la messa mattutina, per devozione a Santa Lucia. Per rispettare questa devozione le fave vanno mangiate senza sale e senza alcun condimento.