Lo scheletro di Santa Vittoria, conservato attualmente presso la Chiesa Matrice di Rignano Garganico, sta facendo discutere ancora di sé a distanza di quasi 90 anni dalla sua traslazione in paese.
Non ci sono documenti che attestino che effettivamente il feretro appartenga alla martire cristiana nata, vissuta e uccisa in Italia nei primi secoli dopo la morte di Cristo.
Attorno ai resti della donna, custoditi in una teca di vetro e legno, continua ad esserci il più profondo mistero. Agli inizi degli anni '90 lo scrivente si era spinto ad indagare su questa presunta martire cercando di capire se alle credenze religiose corrispondevano dei reali dati storici. In tanti parlavano di miracoli.
Nel 1995 ho anche pubblicato un volumetto su Santa Vittoria (qui in alto nella foto di Mario Ardolino) che in sostanza riprendeva alcuni servizi scritti per il quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno e il settimanale Protagonisti (chiuso da tempo). Il libricino, edito dalla Parrocchia Maria Santissima Assunta in collaborazione con alcuni sodalizi del posto, andò a ruba e ne esistono in giro ancora pochi esemplari.
All'epoca erano ancora vive due protagoniste dirette dell'arrivo dello scheletro in paese nella primavera del 1930: Maria Loreta Vecera e Giovanna Crusi Carella. La prima era figlia adottiva di Vincenzina De Maio, ricca possidente rignanese, la seconda fu testimone diretta di un miracolo attribuito alla presunta Santa conservata a Rignano. Proseguiamo per ordine.
Nel 1930 la De Maio, religiosissima nobildonna, ottenne in dono la salma della martire da un canonico napoletano, tale Don Balsassarre Apicella. Qui il 23 dicembre di ogni anno si recava una folla grandissima di fedeli. Così avvenne anche nel 1929 allorché donna Vincenzina, attratta dalla fama della presunta martire, vi si recò personalmente accompagnata dal religioso. Rivolta alla Santa la donna disse: "vuoi diventare Rignanese?". Don Baldassare risposte: "perché no?".
L'atto di donazione, però, non bastava. Occorrevano i permessi ecclesiastici per la traslazione. All'epoca era Arcivescovo di Manfredonia S.E. Mons. Pasquale Gagliardi (non propenso al trasferimento). A distanza di qualche mese fu sostituito da Mons. Alessandro Macchi. Quest'ultimo autorizzò la donna a portare a Rignano lo scheletro. Macchi visionò personalmente i resti.
E non è tutto. Per arginare l'ostacolo delle autorizzazioni civili la De Maio mise in atto uno stratagemma. D'accordo con Don Baldassarre lo scheletro fu diviso in tre parti (testa, tronco ed estremità) e sistemato in una valigia di cartone. Dopo una serie di peripezie la salma venne portata in treno ad Andria e poi fatta visionare a Mons. Macchi. Ad assistere il vescovo c'erano la Demaio e sua sorella Filomena e il marito Nicola Rossi (nonno dell'omonimo ed ex-senatore PD, noto economista dell'Università La Sapienza di Roma).
Durante il primo viaggio (ovvero Napoli-Andria) accadde qualcosa di strano: arrivarono nello scompartimento della De Maio due controllori. Uno dei due chiese all'altro: "non senti puzza di cadavere?". La donna imprecò la Santa. Si sprigionò nella carrozza un forte odore di gelsomino. Ad un certo punto l'altro controllore esclamò: "io sento solo odore di lavanda".
Ispezionato lo scheletro dal prelato andriese e vescovo manfredoniano la Santa venne portata a Rignano. Ad accoglierla una moltitudine di gente, proveniente anche da altri centri del Gargano. Una volta in paese lo scheletro venne ricomposto e posizionato nell'attuale teca di vetro. A sistemarlo furono tre giovani vergini rignanesi: Giuseppina Ramunno, Giuseppina Renza e Rosina Gaggiano.
Il sarcofago venne portato in processione fino alla Cappella gentilizia ubicata all'epoca all'interno del Castello Baronale rignanese (oggi non più esistente). Vennero realizzate anche delle Immaginette Sacre che venivano distribuite ai fedeli. Qui in basso si riporta il "cliché" con il quale siamo riusciti a ristamparle grazie alla collaborazione del tipografo di San Marco in Lamis Giovanni Caputo.
La Santa venne venerata per anni e alla sua figura riferiamo in un ulteriore servizio un aneddoto legato a Padre Pio da Pietrelcina.
La venerazione durò fino alla dipartita terrena della De Maio, che avvenne nel 1959. Successivamente lo scheletro venne donato all'allora parroco del paese Don Giovanni Draisci (nel 1972) e conservato presso la Chiesa del Carmine. In pubblico veniva esposta munita di una maschera in cera.
Su Santa Vittoria da Rignano da quel momento cadde il sipario della dimenticanza collettiva. Questo fino al 1994/95 quando lo scrivente assieme agli amanti di cose e questioni storiche Tiziano Draisci, Michele Orlando, Antonio Del Vecchio e Paolo Gentile riportarono a galla tutta la vicenda.
Ora se quello custodito a Rignano sia o meno lo scheletro della Vergine e Martire Vittoria non lo sapremo mai con certezza, se ne può solo continuare a parlarne e, per chi ci crede, a venerarlo. Altre realtà d'Italia vantano di possedere il vero corpo o le reliquie originali.
C'è la comunità di Civita di Bagnoregio, nota località laziale (Viterbo), che parla di un furto della salma della Santa avvenuto nel 1888. O, come ripete la Chiesa Cattolica in tutti i suoi scritti, vi è chi come la comunità di Monteleone Sabino (Rieti) giura con documenti alla mano di possedere i resti originali della vergine martirizzata.
E allora lo scheletro conservato a Rignano a chi appartiene? Forse è quello rubato nel 1888 in provincia di Viterbo? Chissà.
Bibliografia e Sitografia:
- Settimanale Protagonisti - Vari articoli di Angelo Del Vecchio;
- Archivio de La Gazzetta del Mezzogiorno - Vari articoli di Antonio Del Vecchio;
- Santa Vittoria? Appunti su una presunta martire dalle ignote origini i cui resti sono conservati nella Chiesa Madre di Rignano - A cura di Angelo Del Vecchio - Parrocchia Maria Santissima Assunta - Rignano Garganico, 1995;
- Archivio Circo Culturale Giulio Ricci;
- Wikipedia.