La storia dei militari rignanesi impegnati nella II Guerra Mondiale, specie sul fronte Egeo (Greco-Albanese) sta suscitando un insolito interesse a Rignano Garganico. E questo non tanto nella ristretta cerchia degli studiosi della materia, quanto nelle famiglie dei sopravvissuti e dei caduti in guerra o di quelli che risultano ancora dispersi. Gli uni sono mossi da motivi di approfondimento di un tema ancora troppo trascurato e ignorato dalla storiografia ufficiale, gli altri sono sospinti dal ricordo e dai rinati sentimenti.
Vediamo che cosa accade in quegli anni cruciali e tragici. Nel settembre 1943 vengono catturati e disarmati dai tedeschi oltre un milione di soldati italiani, che si trovano in patria o all’estero, tra Iugoslavia, Francia, Albania, Grecia e isole dell’Egeo. Di questi più di 600.000 mila finiscono nei lager di prigionia tedeschi. Il regime nazista non considera mai i nostri militari catturati come prigionieri di guerra, ma li classifica subito come IMI (internati militari italiani), obbligati al lavoro forzato e sottratti alla possibilità di controllo della Croce rossa internazionale e alla tutela della Convenzione di Ginevra del 1929. Durante l’internamento nei campi i nostri militari in gran parte rifiutano di arruolarsi nelle forze armate tedesche e soprattutto nelle forze armate della Repubblica sociale italiana, rassegnandosi alla prigionia. Il loro sacrificio costa al termine 78.216 caduti.
La Resistenza italiana, diversamente dagli altri paesi europei sconfitti militarmente e occupati dai nazifascisti, ha connotazioni particolari. Infatti, l'Italia, sotto la guida dittatoriale del fascismo, rimane sino all'8 settembre 1943 alleata del Reich nazista di Hitler, e come tale partecipa alla guerra di aggressione e diventa a sua volta potenza occupante. La Resistenza sorge quando – caduto il regime fascista il 25 luglio 1943 e firmato dall'Italia l'8 settembre dello stesso anno, dopo irrimediabili rovesci militari, l'armistizio con gli "Alleati" – le forze politiche democratiche, che si sono ricostituite, chiamano il popolo a raccolta per cacciare i fascisti e i tedeschi.
Le testimonianze più numerose ed attendibili che riguardano i militari garganici ed in particolare quelli di Rignano, impegnati in massima parte sul fronte balcanico e greco-albanese, si registrano a Rodi Egeo e nelle isole intorno. Qui, durante la II Guerra Mondiale 1940 – 1945, sono di stanza quarantamila militari di tutte le armi e otto mila civili tra coloni e burocrati. Dal punto di vista territoriale l'Italia al momento dell'entrata in guerra possiede nel Dodecaneso le isole di Rodi (57.000 abitanti su una superficie 1.412 kq); Calchi (800 abitanti, 30,3 kq); Calino (15.500 abitanti, 128,2 kq); Caso (1250 ab., 69,4 kq); Coo (17.00 ab., 296 kq); Lero (9.500 ab., 71,5 kq); Lisso (750 ab., 17,4); Nisiro (2500 ab., 48 kq); Patmo (2000 ab., 57,1 kq); Piscopi (1000 ab., 64,3 kq); Scarpanto (6.750 ab., 306 kq); Simi (4.750 ab., 63,6); Stampalia (1.750 ab., 116,3 kq); Castelrosso (1.250 ab., 19,6) e altre isole minori.
Dall’agosto del 1941, come governatore, è a capo di tutto ciò l'ammiraglio di squadra Inigo Campioni con sede a Rodi, che regge anche il Comando superiore delle forze armate ("Egeomil"). Le esigue forze della Regia Aeronautica sono dirette dal generale di brigata Alberto Briganti, quelle della Marina dal contrammiraglio Carlo Daviso di Chaevensod (Rodi Egeo e Dodecaneso), dal capitano di fregata Adriano Arcangioli (Marina di Rodi), dal capitano di vascello Luigi Mascherpa (Marina di Lero presso Portolago); dal capitano di fregata Ernesto Navarone (Marina Sira presso Sira). Le navi disponibili consistono in pochi cacciatorpediniere e unità minori, mentre l'artiglieria diffusa in tutte le isole è composta spesso da cannoni antiquati. Le munizioni non sono sufficienti per scontri di durata prolungata e il morale delle truppe, provate da una lunga assenza dalla Patria e dalle famiglie, è generalmente basso.
Dopo l'8 settembre 1943, il Dodecaneso viene attaccato dai tedeschi. La divisione d'assalto Rhodos, comandata dal generale Ulrich Kleemann riesce nel giro di pochi giorni a conquistare le isole grazie ad una mescolanza di azioni di forza e tattiche dilatorie. Ciò è possibile anche grazie alla scarsa iniziativa del comando italiano, che però è vincolato alle clausole armistiziali ed alla estrema ambiguità delle informazioni inviate dallo Stato Maggiore.
Coo è attaccata dai tedeschi il 3 ottobre e conquistata il 6 ottobre. Calino è occupata il 7 ottobre. Piscopi e Levita sono occupate a metà ottobre. Stampalia è occupata il 22 ottobre, dopo un primo tentativo fallito un mese prima. Simi è occupata il 2 novembre, dopo che un primo assalto tedesco in ottobre è respinto dalle truppe italiane e britanniche.
Lero rimane in mano italiana fino a metà novembre 1943 difesa dalle forze italiane di guarnigione comandate dal contrammiraglio Luigi Mascherpa, e da rinforzi inviati dagli Alleati. Le ultime isole ad essere evacuate dalle truppe italiane sono Lisso e Patmo, dopo che è giunta la notizia della caduta di Lero. Gran parte dei soldati italiani fuggiti dalle isole ripara in Turchia, dove sono internati. Chi scelse di rimanere è fatto prigioniero e internato in Germania.
A Coo i prigionieri italiani sono oggetto di giustizia sommaria, in quello che è ricordato come l'Eccidio di Coo. Al contrario, Castelrosso è occupata il 10 settembre dai britannici, senza che i tedeschi tentino successivamente di conquistarla. Il governatore Inigo Campioni rimane in carica fino al 18 settembre 1943, quando è deportato. Viene sostituito dal vicegovernatore Ugo Faralli, che, avendo aderito alla R.S.I., resterà in carica fino al 1945, ma il vero potere passa all'esercito tedesco, comandato dai generali Ulrich Kleemann (1943-1944) e Otto Wagener (1944-1945). L'8 maggio 1945 le isole vengono occupate dagli inglesi. Gli stessi , a seguito del Trattato di Parigi del febbraio 1947, consegneranno l'amministrazione del Dodecaneso alla amministrazione greca.
La resa degli italiani a Rodi Egeo comporta ai tedeschi il grave problema di cosa fare con così tanti prigionieri, sia perché non hanno abbastanza viveri per mantenerli, sia perché non sono disponibili imbarcazioni per trasferirli tutti in altre isole. Tanto più che le prime due forze a essere disarmate sono la Regia Aeronautica e la Regia Marina.
Durante questo periodo sono molti gli italiani che tentano la fuga via mare per sottrarsi alla prigionia, ma spesso i tentativi finiscono male e gli uomini muoiono in mare o vengono sorpresi dai tedeschi. In totale abbandonano l'isola di Rodi circa 1.580 militari, i dispersi sono 6.520.
Ecco quanto accade per la maggior parte di essi. Il 19 settembre circa 1.800 uomini dell'aviazione e della marina sono imbarcati sulla motonave Doninzetti catturata dai tedeschi per essere trasferiti, ma durante il viaggio due cacciatorpediniere inglesi, l'Eclipse e il Fury, affondano la nave provocando la morte di tutti gli occupanti. Il 12 febbraio 1944 un'altra nave, il piroscafo Oria, urta uno scoglio vicino all'isola di Gaidaro e muoiono 4.062 prigionieri. Altri soldati invece sono introdotti nell'ambiente civile greco dai comandanti italiani per evitarne la cattura; pochi invece sono quelli che aderiscono alla causa tedesca o repubblicana.
Come accennato all’inizio, a Rodi e nel resto delle isole ci sono parecchi militari rignanesi, sammarchesi e garganici in genere, in massima parte intruppati nei corpi di artiglieria, nel 9° Rgt di fanteria e qualcuno nel 10° a Coo.
Tra gli altri, ci sono i reduci: Silvestre Sampaolo (1923), il fratello Saverio (classe 1913), il cognato Gabriele Paglia (classe 1916), il sergente maggiore Angelo Del Vecchio (classe 1911), l’omonimo e coetaneo soldato semplice Angelo Del Vecchio, Antonio Del Vecchio (classe 1911, deceduto qualche anno fa in quel di Foggia), Pietro Montesano (1911), Michele Pignatelli (1912), Antonino Saracino (1911), Donato Lombardi (1911), Pasquale Ramunno (1912), Matteo Resta (1911), Angelo Bergantino (1912) e tanti altri reduci ancora. A questi vanno aggiunti, gli appartenenti alle classi più giovani: Giovanni Caruso (1922), Matteo Del Priore (1923), Antonio Ponziano (1923, ufficiale). Ci sono, poi, quelli che non sono più tornati: Matteo Lambriola (classe 1913), i cui resti, unitamente a quelli di Pietro Montesano (classe 1912) saranno traslati negli anni ‘60 dal Sacrario dei Caduti italiani d’Oltremare di Bari al Cimitero di Rignano; Luigi Di Claudio (1911, disperso); Francesco Saverio Caruso (1913, a bordo dell’affondata nave Sinfra); Giovanni Resta (1912) e Angelo Radatti (1912), entrambi imbarcati sull’affondato piroscafo Oria; Giuseppe Campanale (classe 1910) e Matteo Danza (1920).
Rodi, con l’omonima città, è l’isola maggiore del cosiddetto Dodecaneso (un insieme di isole minori), possesso dell’Italia sin dal 1912.
Prima dell’armistizio, sull’isola si respira aria completamente italiana con scuole, edifici, poste e servizi pubblici, negozi commerciali, ecc. Non mancano i laboratori fotografici che usano strumentazione e materiale proveniente dallo Stivale. Da qui l’uso-abuso alle fotografie-cartoline “Ferrania” per corrispondere con i propri cari.
Efficientissimo è il servizio postale, con una densa rete di uffici dislocati non solo nel Capoluogo, ma anche nell’intero Dodecaneso. Inizialmente il servizio ad uso dei militari in armi segue sostanzialmente il modello della prima Guerra, con poche modifiche necessarie al diverso spiegamento delle forze su un teatro bellico molto più vasto. Le cartoline in franchigia, a parte piccole modifiche grafiche, furono uguali per Esercito e Marina.
Dal Dicembre 1940 si comincia sul fronte interno la guerra psicologica della propaganda, vengono distribuiti molti tipi di cartoline in franchigia con illustrazioni che irridono il nemico, esaltano il valore italiano e incitano i civili al risparmio dei consumi a favore dei combattenti. Poi nel Settembre 1941per contrastare l'uso delle lettere di tipo civile dei soldati in armi su fronti lontani (che rendono più difficile il controllo della censura e ostacolano il trasporto con il loro maggiore peso) si crea un nuovo oggetto postale da non affrancare se inviato con bollo di posta militare: i biglietti postali in franchigia. Se ne avvantaggiano i combattenti che così possono comunicare gratuitamente con i loro cari inviando scritti più corposi di quelli possibili sulle cartoline, (su cui lo spazio già ridotto, a volte era ulteriormente diminuito dallo spazio occupato dalla propaganda).
Agli inizi del 1942 per mancanza di francobolli dei reparti combattenti, viene disposto che eventuali corrispondenze (le lettere escluse dalla franchigia) riportanti il bollo a data di posta militare o non affrancate con la scritta "Zona sprovvista di francobolli" siano consegnate senza tassazione.
Sui biglietti postali e sulle cartoline in franchigia, inizialmente, è escluso ogni servizio accessorio di posta, dall'Agosto del 1942 ne è permesso l'invio in posta aerea e per espresso, parimenti a quanto è già stato fatto per i militari di bassa forza di stanza nell’Africa Orientale dal 1935. I civili che scrivono ai militari godono della tariffa ridotta al 50%, ma solo per il primo porto in posta ordinaria, (lettere e cartoline postali di peso inferiore ai 15 gr.) i servizi speciali accessori applicati vanno interamente pagati sia dai militari che dai loro corrispondenti.
Dopo l’8 settembre ‘43, la posta con Rodi e le isole egee s’interrompe di colpo per i noti tragici eventi e l’avvento al potere dei tedeschi, che permettono però ai collaboratori italiani schierati sul loro fronte l’uso della loro Feldpost (a Rignano non se ne conservano degli esempi).
Per quanto riguarda lo specifico, abbiamo una vasta gamma di esempi di corrispondenza (si veda Appendice), quasi tutti rappresentati nel racconto riferito allo scomparso-disperso Luigi Di Claudio: cartoline postali ordinarie affrancate; “Cartoline postali militari per le Forze Armate” non affrancate; Biglietti Postali Militari per le Forze Armate. Questi ultimi costituiscono una sorta di vere e proprie lettere che si piegano dovutamente sino a costituire una vera e propria busta bi-fronte, con tanto di mittente da una parte e di destinatario dall’altra. Tutto questo serve anche per poterle controllare in modo più agevole.
Sul lato del mittente delle quattro cartoline esaminate, nella prima, datata 3 settembre 1942, si legge: “Questa lotta gigantesca non è che una fase e lo sviluppo logico della nostra rivoluzione: è la lotta dei popoli poveri e numerosi di braccia contro gli affamatori che detengono ferocemente il monopolio di tutte le ricchezze e l’oro della terra.: è la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto, è la lotta fra due secoli e due idee. Mussolini”; nella seconda, datata 12 febbraio 1943, c’è scritto: “ Fra germanici e italiani siamo un blocco di 150 milioni di uomini risoluti e compatti e piantati, dalla Norvegia alla Libia, nel cuore dell’Europa, questo blocco ha già in pugno la vittoria. Mussolini”; nella terza, datata 21 Marzo 1943, risulta stampigliato il motto: “ Ricordate che oggi non ci sarebbe la marcia su Mosca, marcia che sarà infallibilmente vittoriosa, se venti anni prima non ci fosse stata la marcia su Roma, se primi tra i primi non avessimo alzato la bandiera dell’antibolscevismo. Mussolini”; nell’ultima, datata 19 aprile 1943, il motto è: “Quando il nemico si sarà convinto che con noi non vi è nulla da fare, quello per l’Italia sarà il giorno della vittoria. Mussolini”.
Sul retro di alcune fotografie compaiono avvertite ed originali dediche più o meno corrette dal punto di vista ortografico, a seconda del grado di istruzione del firmatario.
Perfetta e commovente la dedica ai suoi genitori, scritta sulle due bande del retro della fotografia di Saverio Sampaolo, datata 14/12/1941. Nella parte riservata alla comunicazione vera e propria si legge: “ Invio a Voi la presente, sicuro che occuperà un posto più grande nel Vostro cuore e nella casa paterna. Baci. Vostro figlio Saverio”, in quella riservata normalmente all’indirizzo: “A te babbo, e mamma cara per ricordo del Vostro figlio lontano che sempre vi pensa. Saverio”. Nella foto di Pietro Montesano, datata 20/10/1939, sappiamo che il soldato si trova nella zona militare di Galato, a Rodi.
N.B. Didascalia Foto di gruppo: Rodi Egeo, 1939. In basso da dx: Gabriele Paglia, Luigi Di Claudio, Antonio Del Vecchio, Angelo Del Vecchio, 2° sconosciuto; in alto da dx: Pietro Montesano, Donato Lombardi; ufficiale, Angelo Radatti, sconosciuto.
Testo tratto da: Antonio Del Vecchio (copertina postata in alto), Io parto non so se ritorno - Storie e Reduci della II Guerra Mondiale - Circolo Culturale "Giulio Ricci", 230 pagine, Rignano Garganico, 2014 - Seconda edizione in corso.